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sabato 8 febbraio 2014

Fabrizio De André: Storia, video, tracce, testi e traduzioni, discografia

Fabrizio De André in Concerto nel 1998
Video con Fabrizio De André in "Crêuza de mä" - Live 1998, QUI

Fabrizio Cristiano De André (Genova, 18 febbraio 1940 - Milano, 11 gennaio 1999) è stato un cantautore italiano. Molti testi delle sue canzoni raccontano storie di emarginati, ribelli, prostitute e sono state considerate da alcuni critici come vere e proprie poesie, tanto da essere inserite nelle antologie scolastiche.
Era conosciuto presso i suoi amici anche come "Faber", soprannome datogli dall'amico d'infanzia Paolo Villaggio e derivante dalla sua predilezione per i pastelli della Faber-Castell. Tale soprannome godrà di una certa popolarità presso il grande pubblico negli anni successivi alla morte dell'artista.
In quasi 40 anni di attività artistica, De André ha inciso tredici album in studio, più alcune canzoni pubblicate solo come singoli e poi ripubblicate in varie antologie. Di simpatie anarchiche, libertarie e pacifiste, è stato anche uno degli artisti che maggiormente hanno valorizzato la lingua ligure; ha esplorato inoltre, in misura minore, il sardo gallurese e il napoletano. La popolarità e l'alto livello artistico del suo canzoniere hanno spinto alcune istituzioni a dedicargli vie, piazze, parchi, biblioteche e scuole subito dopo la prematura scomparsa.

L'infanzia e la giovinezza - Fabrizio De André nasce il 18 febbraio 1940 nel quartiere genovese di Pegli, in via De Nicolay 12 (dove è stata posta una piccola targa commemorativa) da una famiglia dell'alta borghesia industriale cittadina. I genitori sono entrambi piemontesi. Il padre Giuseppe (Torino, 15 settembre 1912 - Genova, 19 luglio 1985), è stato vicesindaco repubblicano di Genova, amministratore delegato dell'Eridania e ha promosso la costruzione della Fiera del Mare di Genova, nel quartiere della Foce. La madre è Luigia "Luisa" Amerio (Pocapaglia, 26 agosto 1911 - Genova, 3 gennaio 1995).
Fabrizio vive inizialmente nella campagna astigiana a Revignano d'Asti, luogo dal quale la famiglia era originaria e dove si dovette trasferire a causa degli eventi bellici ed in quanto il padre era stato ricercato dai fascisti. Visse, poi, nella Genova del dopoguerra, scossa e partecipe della contrapposizione tra cattolici e comunisti, sovente rigidi e bigotti entrambi. Dopo aver frequentato le scuole elementari in un istituto privato retto da suore, passò alla scuola statale, dove il suo comportamento "fuori dagli schemi" gli impedì una pacifica convivenza con le persone che vi trovò, in special modo con i professori. Per questo fu trasferito nella severa scuola dei Gesuiti dell'Arecco. Presso i Gesuiti dell'Arecco, scuola media inferiore frequentata dai rampolli della "Genova-bene", Fabrizio fu vittima, nel corso del primo anno di frequenza, di un tentativo di molestia sessuale da parte di un gesuita dell'istituto; nonostante l'età, la reazione verso il "padre spirituale" fu pronta e, soprattutto, chiassosa, irriverente e prolungata, tanto da indurre la direzione ad espellere il giovane De André, nel tentativo di placare lo scandalo. L'improvvido espediente si rivelò vano poiché, a causa del provvedimento d'espulsione, dell'episodio venne a conoscenza il padre di Fabrizio, esponente della Resistenza e vicesindaco di Genova, che informò il Provveditore agli studi, pretendendo un'immediata inchiesta che terminò con l'allontanamento dall'istituto scolastico del gesuita. In seguito il cantautore frequentò alcuni corsi di lettere e altri di medicina presso l'Università di Genova prima di scegliere la facoltà di Giurisprudenza, ispirato dal padre e dal fratello Mauro (1936 - 1989), che diverrà un noto avvocato.
A sei esami dalla laurea decise di intraprendere una strada diversa: la musica (suo fratello sarebbe divenuto uno dei suoi fan più fedeli e critici). Successivamente ad un primo e problematico approccio, determinato dalla decisione dei genitori di avviarlo allo studio del violino, il folgorante incontro con la musica avvenne con l'ascolto di Brassens, del quale De André tradurrà alcune canzoni, inserendole nei primi album.
La passione, poi, aveva preso corpo anche grazie alla "scoperta" del jazz e all'assidua frequentazione degli amici Tenco, Bindi, Paoli, del pianista Mario De Sanctis ed altri, con cui iniziò a suonare la chitarra e a cantare nel locale "La borsa di Arlecchino". De André, in questi anni, ebbe una vita sregolata ed in contrasto con le consuetudini della sua famiglia, frequentando amici di tutte le estrazioni culturali e sociali.
Sovente, con l'amico d'infanzia Paolo Villaggio, cercava di sbarcare il lunario con lavori saltuari, anche imbarcandosi, d'estate, sulle navi da crociera come musicista per le feste di bordo. La prima moglie di De André fu una ragazza di famiglia borghese, Enrica Rignon detta "Puny", con cui concepì il figlio Cristiano e dalla quale si separò a metà degli anni settanta. In seguito al matrimonio e alla nascita del figlio, Fabrizio fu pressato dalla necessità di provvedere al mantenimento della famiglia e trovò un impiego in un istituto scolastico privato come insegnante.

L'esordio nel 1961 e il periodo Karim - «Lessi Croce, l'Estetica, dove dice che tutti gli italiani fino a diciotto anni possono diventare poeti, dopo i diciotto chi continua a scrivere poesie o è un poeta vero o è un cretino. Io, poeta vero non lo ero. Cretino nemmeno. Ho scelto la via di mezzo: cantante.» ebbe a dire Fabrizio De André. Nell'ottobre del 1961 la Karim, un'editore discografico, pubblica il suo primo 45 giri, con copertina standard forata (la ristampa del 1971 della Roman Record avrà invece una copertina con un disegno anonimo). Il disco contiene due brani, "Nuvole barocche" ed "E fu la notte". Secondo quanto affermato dal cantautore in un'intervista al Corriere della Sera, nel 1964 sostenne l'esame di ammissione come autore della parte letteraria alla SIAE di Roma per poter depositare a proprio nome le canzoni (in realtà la data è sicuramente errata, in quanto De André già nel 1961 firmava i testi e le musiche delle sue canzoni, depositandole alla Siae); nel 1997, durante la consegna del Premio Lunezia, confessò di aver utilizzato una buona parte del testo della canzone "Le foglie morte" di Jacques Prévert nella prova di esame. Negli anni successivi De André andò affermandosi sempre più come personaggio riservato e musicista colto, abile nel condensare nelle proprie opere varie tendenze ed ispirazioni: le atmosfere degli storici cantautori francesi, tematiche sociali trattate sia con crudezza sia con metafore poetiche, tradizioni musicali di alcune regioni italiane e mediterranee sonorità di ampio respiro internazionale e l'utilizzo di un linguaggio inconfondibile e, al tempo stesso, quasi sempre semplice per essere alla portata di tutti. In questo periodo uscirono i suoi primi 33 giri.

  Per Fabrizio De André in: "La canzone di Marinella", l'originale - 1966, clicca QUI

La sua discografia non è numerosissima come, del resto, inesistenti fino al 1975 erano i suoi concerti. L'album del debutto è "Tutto Fabrizio De André" (1966, ristampato due anni dopo con il titolo di "La canzone di Marinella" sotto un'altra etichetta e con una diversa copertina), una raccolta di alcune delle canzoni che sino ad allora erano state edite solo in 45 giri.

La copertina dell'album
"Tutto Fabrizio De André" (1966).
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Per l'album di Fabrizio De André: "Tutto Fabrizio De André", clicca QUI
Tracce:
1.La ballata dell'Amore cieco
2.Amore che vieni, Amore che vai - Live in TV -
3.La ballata dell'Eroe
4.La Canzone di Marinella
5.Fila la lana
6.La città vecchia
7.La ballata del Michè
8.La canzone dell'amore perduto
9.La guerra di Piero
10.Il testamento

Segue "Volume I" del1967.
La copertina dell'album di Fabrizio
de André: "Volume I" (1967).
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Per l'album di Fabrizio De André: "Volume I", clicca QUI
Tracce: 
1.Preghiera in gennaio
2.Marcia nuziale
3.Spiritual
4.Si chiamava Gesù
5.La canzone di Barbara
6.Via del Campo
7.Caro amore
8.Bocca di Rosa
9.La morte
10.Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers

Per il Video con Fabrizio De André in:
                                                       "Via del Campo" - Live 1998, clicca QUI

 Per il Video con Fabrizio De André in: "Bocca di Rosa" - Live 1998, clicca QUI

Il brano di apertura di "Volume I" è "Preghiera in gennaio", una canzone scritta di getto poche ore dopo la morte a Sanremo di Luigi Tenco, amico di giovinezza di Fabrizio. Il cantautore, che aveva interpretato la canzone "La ballata dell'eroe" nel film "La cuccagna", perse la vita durante il Festival della Canzone Italiana del 1967, appunto a gennaio. Il legame tra Luigi e Fabrizio era fortissimo.

Dal 1968 al 1973, fra esistenzialismo e contestazione - Gli anni fra il 1968 ed il 1973 furono fra i più proficui per l'autore, che iniziò la serie dei concept con "Tutti morimmo a stento". Quest'album, ispirato alla poetica di François Villon, è il quarto concept album ad essere pubblicato in Italia; il testo del primo brano, il "Cantico dei drogati", è tratto da una poesia di Riccardo Mannerini: "Eroina". De André incise anche una versione inglese dell'album, oggi esistente in unica copia, che è stata proprietà di un collezionista statunitense e oggi appartiene ad un collezionista pugliese.

La copertina dell'album di Fabrizio
de André: "Tutti morimmo a stento".
(1968)
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Per l'album di Fabrizio De André: "Tutti morimmo a stento", clicca QUI
Tracce:
1.Cantico dei drogati
2.Primo intermezzo
3.Leggenda di Natale
4.Secondo intermezzo
5.Ballata degli impiccati
6.Inverno 
7.Girotondo
8.Terzo intermezzo
9.Recitativo (due invocazioni e un atto d'accusa)
10.Corale (leggenda del re infelice)

 Per il Video con Fabrizio De André in:
                                      "La Guerra di Piero" - Live1969, clicca QUI

Per Fabrizio De André, dall'album "Nuvole Barocche", nel 45 giri "Geordie", clicca QUI

  Per il Video con Fabrizio De André in: "Il Pescatore" - Live 1998, clicca QUI

Segue "Volume III" del 1968.
La copertina dell'album di Fabrizio
de André: "Volume III".
(1968)
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Per l'album di Fabrizio De André: "Volume III", clicca QUI
Tracce:
La canzone di Marinella
1.Il Gorilla
2.La ballata dell'Eroe
3.S'i fosse foco
4.Amore che vieni, Amore che vai
5.La guerra di Piero
6.Il testamento
7.Nell'acqua della chiara fontana
8.La ballata di Michè
9.Il Re fa rullare i tamburi

Poi "Nuvole barocche" del 1969, la raccolta dei 45 giri del periodo Karim esclusi da "Tutto Fabrizio De André".
La copertina dell'album di Fabrizio
de André: "Nuvole Barocche".
(1969)
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Per l'album di Fabrizio De André: "Nuvole Barocche", clicca QUI
Tracce:
1.Nuvole Barocche
2.E fu la notte
3.Valzer per un'amore
4.La Canzone dell'Amore perduto
5.Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers
6.Il fannullone
7.Delitto di paese

Segue poi "La buona novella", un album importante, che interpreta il pensiero cristiano alla luce di alcuni Vangeli apocrifi (in particolare, come riportato nelle note di copertina, dal "Protovangelo di Giacomo" e dal "Vangelo arabo dell'infanzia"), sottolineando l'aspetto umano della figura di Gesù, in forte contrapposizione con la dottrina di sacralità e verità assoluta, che il cantautore sostiene essere stata inventata dalla Chiesa al solo scopo di esercizio del potere.
La copertina dell'album di Fabrizio
de André: "La buona novella".
(1970)
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Per l'album di Fabrizio De André: "La buona novella", clicca QUI
Tracce:
1.Laudate Dominum
2.L'infanzia di Maria
3.Il ritorno di Giuseppe
4.Il sogno di Maria
5.Ave Maria
6.Maria nella bottega d'un falegname
7.Via della Croce
8.Tre madri
9.Il testamento di Tito
10.Laudate hominem 

Come ha raccontato Roberto Dané, l'idea del disco la ebbe lo stesso Dané, che pensando di realizzarla con Duilio Del Prete, la propose ad Antonio Casetta, il quale la dirottò a De André.
«Nel 1969 tornai da Casetta e gli sottoposi un'altra idea, che avevo intenzione di realizzare con Duilio Del Prete: un disco basato sui Vangeli apocrifi...lui, che era un grande discografico, di buon fiuto, mi ascoltò con attenzione ed alla fine disse: "Ma scusi, perché questa idea non la propone a Fabrizio De André? Sa, è un periodo che è un po' in crisi, non sa cosa fare...". E io che cosa dovevo dire? Con De André c'era sicuramente una maggiore esposizione» (Roberto Dané)
Nel disco suonano, tra gli altri, "I Quelli", che nel 1971, dopo l'ingresso di Mauro Pagani, cambieranno il nome in "Premiata Forneria Marconi".
A distanza di anni, De André continuerà a considerare questo disco la sua incisione migliore:
«"Te la sentiresti di dire quale dei tuoi dischi è il migliore?"
"Senza dubbio ti rispondo: La buona novella, è quello più ben scritto, meglio riuscito".
"Lo sai che ero quasi sicuro che invece mi avresti risposto: Tutti morimmo a stento? Come mai questa scelta?"
"No, quello è un disco polveroso, barocco, e non dimentichiamoci che sotto il Barocco c'era il peso della Controriforma ..."»
Nel 2010 il disco viene reinciso dalla "Premiata Forneria Marconi", con nuovi arrangiamenti e l'aggiunta di alcuni brevi intermezzi strumentali; il disco, intitolato "A.D. 2010 - La buona novella", viene pubblicato ad aprile. Proprio a questo periodo risale l'amicizia di De André con un altro collega che ha cantato, spesso, gli ultimi e i poveri, Gipo Farassino; anni dopo De André racconterà a "Torino Sette", l'inserto settimanale de "La Stampa", un episodio successivo (avvenuto dopo un concerto a Torino) riguardante la loro amicizia: "Mi raccolse dopo un concerto ubriaco come un tino di mosto, mi caricò in macchina, mi trascinò in casa sua, mi offrì un cesso per finire di rovesciarmi lo stomaco e un letto per lasciarmi girare la testa fino al sonno. Il giorno dopo, ad evitarmi un treno per Genova con una maglietta vomitata mi regalò una sua camicia". Il racconto di Farassino, pubblicato su "La Stampa", differisce nel finale: "Il mattino dopo gli prestai una mia bella camicia, con la raccomandazione di restituirmela. Non l'ho più vista, ma con lui era così...".
Il disco successivo, del 1971, è "Non al denaro, non all'amore né al cielo", libero adattamento (eseguito insieme a Giuseppe Bentivoglio) di alcune poesie della "Antologia di Spoon River", opera poetica di Edgar Lee Masters; le musiche sono composte insieme a Nicola Piovani. De André in quel periodo incontra Fernanda Pivano, traduttrice e scrittrice che ha fatto conoscere in Italia la letteratura americana e che ha tradotto l'Antologia sepolcrale cui trae ispirazione l'album. Per rimuovere l'ostacolo della ritrosia del cantautore a concedere interviste, la Pivano nascose sotto il letto un registratore e trascrisse interamente la lunga conversazione che i due fecero su Spoon River e sulle canzoni dell'album.
De André accettò con simpatia il "raggiro".

La copertina dell'album "Non al
  denaro non all'amore né al cielo".
(1971)
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Per l'album di Fabrizio De André:
"Non al denaro non all'amore né al cielo", clicca QUI
Tracce:
1.Dormono sulla collina
2.Un matto (dietro ogni scemo c'è un villaggio)
3.Un giudice
4.Un blasfemo (dietro ogni blasfemo c'è un giardino incantato)
5.Un malato di cuore
6.Un medico
7.Un chimico
8.Un ottico
9.Il suonatore Jones

Questo album è stato reinterpretato nel 2005 dal cantante Morgan, rinnovandone in parte l'arrangiamento. In questo caso, come ha raccontato Roberto Dané, l'idea del disco la ebbe Sergio Bardotti, che infatti lo seguì insieme allo stesso Dané in qualità di produttore. Gian Piero Reverberi ha raccontato che in questo caso il progetto era nato per Michele, sulla scia di "Senza orario senza bandiera", quindi con i testi elaborati da De André e le musiche di Reverberi; ma il progetto venne poi dirottato su De André e quindi Reverberi (anche per alcuni suoi contrasti con Roberto Dané) non venne più coinvolto e le musiche e gli arrangiamenti furono affidati a Nicola Piovani. Il coautore dei testi, Bentivoglio, si era presentato con dei testi scritti da lui, che furono giudicati interessanti e che, dopo una prima collaborazione in "Tutti morimmo a stento" (in cui scrisse il testo di "Ballata degli impiccati"), portarono all'affiancamento a De André per i testi in questo LP e nel successivo.
Nel 1972 la Produttori Associati, senza consultare l'artista, lo iscrive al Festivalbar con il brano "Un chimico" (pubblicato su 45 giri): De André apprende la notizia dai giornali e convoca una conferenza stampa in cui dichiara che «La casa discografica mi ha trattato come un ortaggio».
Dopo l'intervento del patron della manifestazione, Vittorio Salvetti, si raggiunge un compromesso: la canzone viene inserita nei juke-box, come vuole il regolamento, ma il cantautore non si esibirà durante la finale di Verona nemmeno in caso di vittoria (l'edizione vede vincitrice Mia Martini con "Piccolo uomo").
Nell'autunno dello stesso anno pubblicò un singolo con due canzoni di Leonard Cohen "Suzanne/Giovanna d'Arco" (brani che verranno poi inseriti con un arrangiamento diverso nell'album "Canzoni" del 1974).
L'album successivo fu, nel 1973, "Storia di un impiegato", un "concept album" in cui Giuseppe Bentivoglio, autore dei testi con de André, racconta la vicenda di un impiegato durante il maggio del '68.

La copertina dell'album di Fabrizio
de André: "Storia di un impegato".
(1973)
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Per l'album di Fabrizio De André: "Storia di un impiegato", clicca QUI
Tracce:
1.Introduzione
2.Canzone del Maggio
3.La bomba in testa
4.Al ballo mascherato
5.Sogno numero due
6.Canzone del padre 
7.Il bombarolo 
8.Verranno a chiederti del nostro amore 
9.Nella mia ora di libertà

Il disco, a sfondo politico, venne attaccato dalla stampa musicale militante e vicina al movimento studentesco, e così viene recensito, ad esempio, da Simone Dessì: «Storia di un impiegato è un disco tremendo: il tentativo, clamorosamente fallito, di dare un contenuto "politico" a un impianto musicale, culturale e linguistico assolutamente tradizionale, privo di qualunque sforzo di rinnovamento e di qualunque ripensamento autocritico: la canzone "Il bombarolo" è un esempio magistrale di insipienza culturale e politica» (Simone Dessì). Fra le critiche più accese ricordiamo quella di Riccardo Bertoncelli che definisce l'opera come un disco «verboso, alla fine datato» e quella di Enrico Deregibus anch'essa sostanzialmente negativa: «L'album è sempre stato considerato, anche dal suo autore, come uno dei più confusi. La vena anarchica di De André deve fondersi con quella marxista di Bentivoglio, e spesso i punti di sutura e di contraddizione sono fin troppo evidenti. Non a caso è l'ultimo episodio della collaborazione tra i due» (Enrico Deregibus). Un'altra recensione negativa è quella di Fiorella Gentile, apparsa su Ciao 2001: «La musica presta il nome a qualcosa che a tratti sembra la colonna sonora di un film sulla mafia (con il sintetizzatore al posto dello scacciapensieri), a volte quella di un thrilling alla Dario Argento (con il basso che riproduce il battito cardiaco), altre recupera i toni alla Cohen e alla Guccini: ma rimane un prodotto scucito, che non ha più il vecchio incanto» (Fiorella Gentile).Le osservazioni della Gentile, del resto, trovano una conferma indiretta nel fatto che l'autore delle musiche (con De André), Nicola Piovani, componeva già all'epoca colonne sonore, e negli anni successivi è diventato uno dei maggiori autori italiani di musiche da film. Proprio in occasione della pubblicazione del disco, Giorgio Gaber polemizza con De André, affermando che quest'ultimo usi un linguaggio da liceale che si è fermato a Dante, che fa dei bei termini, ma non si riesce a capire se sia liberale o extraparlamentare; De André risponderà a Gaber in occasione di un'intervista alla "Domenica del Corriere" del gennaio 1974 ("Mi spiace che lui, che si dichiara comunista, sia andato a raccontare queste cose al primo giornalista che ha incontrato. Poteva telefonarmi, farmi le sue osservazioni: ne avremmo discusso, ci saremmo confrontati. Così, invece, ha svilito ancora di più un mondo già tanto criticato"). Delle canzoni del disco, solo "Verranno a chiederti del nostro amore" rimane nel repertorio dell'autore dal vivo negli anni a seguire. Gli altri brani vennero eseguiti in concerto solo per qualche anno, ne è un esempio la "Canzone del maggio" inserita nella scaletta del primo tour del 1975 o ancora "La bomba in testa", "Al ballo mascherato", "Canzone del padre", "Il bombarolo" e "Nella mia ora di libertà" che vennero riproposti solo in alcune date del tour del 1976.

La crisi e le esibizioni dal vivo - La pubblicazione di "Storia di un impiegato" coincide con un periodo di crisi professionale ed anche personale. Nello stesso anno termina definitivamente il matrimonio con Puny ed il cantautore inizierà una relazione con una ragazza, Roberta, per cui scriverà due anni dopo la canzone "Giugno '73". Segue la pubblicazione di un nuovo disco di rifacimenti ad opera di Reverberi, con vecchie canzoni incise per la Karim (con 2 nuove traduzioni dal repertorio di Brassens, le due canzoni di Cohen pubblicate nel 1972 ed una traduzione da Dylan, opera di De Gregori ai tempi del Folkstudio, cofirmata da De André), intitolato "Canzoni", darà inizio alla collaborazione con Francesco De Gregori.

La copertina dell'album di Fabrizio
de André: "Canzoni".  (1974)
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Per l'album di Fabrizio De André: "Canzoni", clicca QUI
Tracce:
1.Via della Povertà
2.Le passanti
3.Fila la lana
4.La ballata dell'amore cieco (o della vanità)
5.Suzanne
6.Morire per delle idee
7.La canzone dell'amore perduto
8.La città vecchia
9.Giovanna d'Arco
10.Delitto di paese
11.Valzer per un amore (o campestre)

Proprio durante le registrazioni di questo disco, nello studio a fianco sta registrando il suo nuovo disco da solista Dori Ghezzi (in una pausa della sua collaborazione con Wess): è l'ìnizio di una nuova e duratura relazione, che sfocerà nel matrimonio tra i due il 7 dicembre 1989. Sono anche gli anni in cui De André fa le sue prime esperienze negli spettacoli dal vivo. Lavoratore instancabile e al limite del perfezionismo in studio, Fabrizio non riesce invece ad esibirsi in pubblico. Il suo timore è dovuto anche al suo problema all'occhio sinistro, leggermente più chiuso del destro. Sergio Bernardini, il patron de "La Bussola", comincia a fare delle grosse pressioni perché Fabrizio si esibisca nel suo locale, ed il cantautore chiede un compenso di 300 milioni di lire, che viene accettato. In questo modo Fabrizio è costretto ad affrontare le sue paure da palcoscenico, paure che supererà solo con gli anni, suonando e cantando sempre nella penombra e con molto whisky in corpo (la sua timidezza fu tra le cause che gli provocarono una seria dipendenza da alcol).
Dopo l'esibizione dal vivo a "La Bussola" di Marina di Pietrasanta, inizia un tour con due componenti dei "New Trolls", con i quali aveva già collaborato nel 1968 per i testi del loro disco "Senza orario senza bandiera" (Belleno e D'Adamo), e due dei "Nuova Idea" (Belloni e Usai). Nella parte di tour del 1976 ai quattro si aggiungerà anche Alberto Mompellio al violino e alle tastiere. Gli ambienti dell'Autonomia e della Sinistra extraparlamentare, che già avevano attaccato il cantautore per "Storia di un impiegato" (come già ricordato), lo contestano nuovamente a partire dalle esibizioni dal vivo: ed ecco come viene descritto De André nel volume "Libro bianco sul pop in Italia. Cronaca di una colonizzazione musicale in un paese mediterraneo", pubblicato da Arcana Editore (casa editrice vicina alla controcultura) nel 1976: «Dall'aria triste e meditabonda, Fabrizio De André ha svolto negli anni passati il ruolo di cantautore impegnato ma non troppo, denunciando situazioni in cui difficilmente si è trovato se non a livello emotivo. Borghese di nascita, di adozione e di intenti, rifiutava di esibirsi in pubblico fino a quando le vendite dei suoi dischi hanno subito un tracollo: allora si è esibito alla Bussola prima di confrontarsi con tutti coloro che avevano sprecato tempo ad ascoltar le sue lagne. Le migliori esibizioni dei suoi pezzi si ascoltano sulle spiagge e sui monti, quando un chitarrista che conosce due accordi vuol consolare l'amico di una sbronza finita male».

De André spiato dai servizi segreti - È in questo periodo (per circa 10 anni, dal 1969 al 1979) che De André viene sottoposto a controlli da parte delle forze di polizia e dei servizi segreti italiani. In base a quanto ricostruito quando questa informazione è stata resa nota negli anni novanta, inizialmente i controlli sarebbero stati effettuati dopo che un suo conoscente, simpatizzante del marxismo-leninismo, era stato indagato durante le prime inchieste sulla strage di piazza Fontana (allora ritenuta a torto dagli inquirenti di matrice rossa). Negli anni successivi, pur non individuando prove di una sua partecipazione attiva a gruppi politici, extraparlamentari o meno, De André viene ritenuto dal SISDE un "simpatizzante delle BR" , mentre l'acquisto, insieme alla moglie Dori Ghezzi, di un terreno a Tempio Pausania, viene considerato un tentativo di creare un rifugio per appartenenti ai movimenti extraparlamentari di sinistra. A rafforzare queste ipotesi, dal punto di vista degli investigatori, il fatto che a Genova De André avesse contatti con persone appartenenti ai gruppi anarchici e filo-cinesi.

Collaborazioni negli anni settanta - A partire dal 1974, De André iniziò nuove collaborazioni con altri musicisti e cantautori. Negli anni settanta De André tradusse canzoni di Bob Dylan (Romance in Durango e Desolation Row), Leonard Cohen ("It seems so long ago, Nancy", "Joan of Arc", "Famous Blue Raincoat" per Ornella Vanoni e "Suzanne") e Georges Brassens (lavoro che porterà all'uscita dell'album "Canzoni" del 1974). Nel 1975 collabora con Francesco De Gregori, che lavora con lui alla scrittura di molti brani dell'album "Volume VIII" dello stesso anno, album non privo di sperimentazione in cui sono affrontate tematiche esistenziali quali il disagio verso il mondo borghese e la difficoltà di comunicazione; anche questo disco riscuote critiche negative, come quella di Lello D'Argenzio, che sostiene che De André si sia adattato allo stile del collega anche nel modo di cantare.

La copertina dell'album di Fabrizio
de André: "Volume VIII". (1975)
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Per l'album di Fabrizio De André "Volume VIII",clicca QUI
Tracce:
1.La cattiva strada
2.Oceano
3.Nancy
4.Le storie di ieri
5.Giugno '73
6.Dolce Luna
7.Canzone per l'estate
8.Amico fragile

La pubblicazione dell'album viene anticipata da quella del 45 giri 
"La cattiva strada/Amico fragile", datato novembre 1974.

Per il Video con Fabrizio De André in: "Amico Fragile" - Live 1998, clicca QUI

Con questo album si rinsalda e si definisce meglio la coppia di autori De André-De Gregori: quest'ultimo collabora alla stesura dei testi e delle musiche di quattro canzoni (Le storie di ieri è interamente sua, così come l'intera musica di Canzone per l'estate) di questo che è uno degli album musicalmente più complessi del cantautore genovese.
"Rimini" (1978), segna l'inizio della collaborazione, che proseguirà nel tempo, con il cantautore veronese Massimo Bubola. Quest'album fa intravedere un De André esploratore di una musicalità più distesa, spesso di ispirazione americana. I brani trattano l'attualità (il naufragio di una nave a Genova) così come tematiche sociali (l'aborto e l'omosessualità). "Andrea", che resta uno dei capolavori più popolari dell'intera produzione di De André (e che Massimo Bubola continua a portare dal vivo durante i suoi concerti), è il simbolo di un'epoca di grandi discussione. L'artista genovese, ad esempio nel 1992, al teatro Smeraldo di Milano, ha eseguito il brano a luci accese, proprio a testimoniare che l'omosessualità non è un motivo di vergogna. Ancora una volta Fabrizio De André ha sfidato e sconfitto i preconcetti e la finta moralità.
Lui stesso accosta "Rimini" alle atmosfere de "I Vitelloni" di Fellini, uno film capolavoro del celeberrimo regista. Nel successivo disco dal vivo inciso con la PFM, De André incide una gaffe. Al pubblico parla dei "Vitellini" di "Felloni". Ma non è l'unico "errore" del disco. Mentre interpreta "Sally", Fabrizio scambia il verso "mia madre mi disse: non devi giocare con gli zingari nel bosco", cantando "mia madre mi disse: non devi giocare con gli svizzeri nel bosco".

La copertina dell'album di Fabrizio
de André: "Rimini" (1978).
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Per l'album di Fabrizio De André: "Rimini", clicca QUI
Tracce:
1.Rimini 
2.Volta la carta
3.Coda di lupo
4.Andrea
5.Tema di Rimini
6.Avventura a Durango (Testo e musica di Bob Dylan e Jacques Levy)
7.Sally
8.Zirichiltaggia (Baddu tundu)
9.Parlando del naufragio della London Valour
10.Folaghe

 Per il Video con Fabrizio De André in:
                                                         "Volta la carta" - Live 1998, clicca QUI

Nel 1978 la PFM (da "Premiata Forneria Marconi", il nome della panetteria che c'era prima, nel locale in cui iniziarono a suonare) ideò e realizzò nuovi arrangiamenti di alcuni dei brani più significativi del cantautore genovese, proponendo a De André, inizialmente restio ad accettare, un tour insieme, che partì il 21 dicembre 1978 da Forlì e continuò per tutto il mese di gennaio 1979. L'operazione si rivelò positiva, tanto che il tour originò due album live, tra il 1979 ed il 1980, che conobbero un ottimo successo di vendite, anche se il secondo non riuscì a bissare i risultati del primo.
Alcuni arrangiamenti realizzati dalla PFM furono utilizzati dal cantautore fino alla fine della sua carriera: "Bocca di Rosa", "La canzone di Marinella", "Amico fragile", "Il pescatore". Nei casi di "Volta la carta" e "Zirichiltaggia" del tour "Anime Salve" e "M'innamoravo di tutto" (gli ultimi concerti), De André era tornato agli arrangiamenti del disco del 1978.

La copertina dell'album "Fabrizio de
André in concerto con PFM".
Del 1979 il 1° e del 1980 il 2°.
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Per l'album di Fabrizio De André con la PFM in:
"In Concerto live", clicca QUI
Tracce:
1.Bocca di rosa                   2.Andrea                         
3.Giugno '73                       4.Un giudice
5.La guerra di Piero            6.Il pescatore
7.Zirichiltaggia                     8.La canzone di Marinella
9.Volta la carta                   10.Amico fragile           
11.Avventura a Durango    12.Sally
13.Verranno a chiederti del nostro amore   14.Rimini  
15.Via del Campo              16.Maria nella bottega del falegname
17.Il testamento di Tito


"Zirichiltaggia", testo in Sardo Gallurese:                   "Il lucertolaio", in Italiano:
Di chissu che babbu ci ha lacátu                                   Di quello che babbo (il  papà) ci ha lasciato   
la meddu palti ti sei presa,                                            la parte migliore ti sei presa,
lu muntiggiu rúiu cu lu súaru                                          la collina rosa con il sughero,   
li àcchi sulcini lu trau mannue                                        le vacche sorcine e il toro grande
e m'hai laccatu monti múccju e zirichèlti.                       e m'hai lasciato pietre, cisto e lucertole. 
Ma tu ti sei tentu lu riu e la casa                                   Ma tu ti sei tenuto il ruscello e la casa 
e tuttu chissu che v'era 'ndrentu                                    e tutto quello che c'era dentro
li piri butìrro e l'oltu cultiato e da pói                             le pere butirre e l'orto coltivato e dopo
di sei mesi che mi n'era 'ndatu                                      sei mesi che me n'ero andato 
parìa un campusantu bumbaldatu.                                sembrava un camposanto bombardato.
Ti ni sei andatu a campà cun li signuri                          Te ne sei andato a vivere coi signori,   
fènditi comandà da to mudderie,                                  facendoti comandare da tua moglie, 
li soldi di babbu l'hai spesi tutti                                     i soldi del babbo (papà) li hai spesi tutti
in cosiboni, midicini e giornali                                      in dolciumi, medicine e giornali  
che to fiddòlu a cattr'anni aja jà l'ucchjali.                    che tuo figlio a quattro anni aveva già gli occhiali.
Ma me muddèri campa da signora                              Mia moglie vive da signora
a me fiddòlu cunnosci più di milli paráuli,                     e mio figlio conosce più di mille parole,
la tòja è mugnedi di la manzàna a la sera                    la tua munge da mattina a sera    
e li toi fiddòli so brutti di tarra e di lozzu                       e le tue figlie son sporche di terra e letame
e andaràni a cuiuàssi a calche ziràccu                         e andranno a sposarsi a qualche servo pastore. 
Candu tu sei paltutu suldatu                                       Quando tu sei partito soldato 
piagnii come unu stèddu                                            piangevi come un bambinetto  
e da li babbi di li toi amanti,                                        e dai padri delle tue amanti,
t'ha salvatu tu fratèddu,                                              t'ha salvato tuo fratello, 
e si lu curàggiu che t'è filmatu,                                    e se il coraggio che ti è rimasto,
lu curàggiu è sempre chiddu,                                      il coraggio è sempre quello,
chill'è mu a vidi in piazza ca l'ha più tostulu murro,      ce la vedremo in piazza a chi ha la testa più dura,
e pa lu stantu ponimi la faccia in culu                          e nel frattempo mettimi la faccia in culo
e pa lu stantu ponimi la faccia in culu.                         e nel frattempo mettimi la faccia in culo
Testo: F. De Andrè - M. Bubola: Anno di pubblicazione: 1978

Il sequestro - Nella seconda metà degli anni settanta, in previsione della nascita della figlia Luisa Vittoria, De André si stabilisce nella tenuta sarda dell'Agnata, a due passi da Tempio Pausania, insieme a Dori Ghezzi, sua compagna dal 1974, poi sposata nel 1989. La sera del 27 agosto 1979, la coppia fu rapita dall'anonima sequestri sarda e tenuta prigioniera nelle montagne di Pattada, per essere liberata dopo quattro mesi (Dori fu liberata il 21 dicembre, Fabrizio il 22), dietro il versamento del riscatto, di circa 550 milioni di lire, in buona parte pagato dal padre Giuseppe. Intervistato all'indomani della liberazione (il 23 dicembre in casa del fratello Mauro) da uno stuolo di giornalisti, De André tracciò un racconto pacato dell'esperienza : «...ci consentivano, a volte, di rimanere a lungo slegati e senza bende». Ebbe parole di pietà per i suoi carcerieri: «Noi ne siamo venuti fuori, mentre loro non potranno farlo mai». Pochi mesi dopo De André cedette al settimanale "Oggi" i diritti per la pubblicazione del memoriale del sequestro: pur essendo la rivista diretta da Edilio Rusconi dichiaratamente con simpatie a destra, De André accettò il compenso per la pubblicazione del racconto. L'esperienza del sequestro si aggiunse al già consolidato contatto con la realtà e con la vita della gente sarda, e gli avrebbe ispirato diverse canzoni, scritte ancora con Bubola e raccolte in un album senza titolo, pubblicato nel 1981, comunemente conosciuto come "L'indiano" dall'immagine di copertina che raffigura un nativo americano. Il filo che lega i vari brani è il parallelismo tra il popolo dei Pellerossa e quello sardo, entrambi oppressi dai loro colonizzatori.

Per il Video con Fabrizio De Andrè, nel tour dell'album: "L'indiano"
- Live a Sarzana il 29 agosto1981, clicca QUI.
Tracce: 1.Quello che non ho   2.Canto del servo pastore  3.Fiume Sand Creek  4.Giugno '73
5.Il pescatore  6.La cattiva strada  7.Hotel Supramonte  8.Franziska  9.Se ti tagliassero a pezzetti
10.Verdi pascoli  11.La guerra di Piero  12.Amico fragile  13.Andrea  14.Bocca di rosa  15.Via del Campo

La copertina dell'album di Fabrizio
de André: "L'Indiano" (1981).
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Per l'album di Fabrizio De André: "L'Indiano", clicca QUI
Tracce:
1.Quello che non ho
2.Canto del servo pastore
3.Fiume Sand Creek
4.Ave Maria
5.Hotel Supramonte
6.Franziska
7.Se ti tagliassero a pezzetti
8.Verdi pascoli

Per il Video con Fabrizio De André in:
"Fiume Sand Creek" - Live 1998, clicca QUI
 Il massacro di Sand Creek (chiamato anche massacro di Chivington o battaglia di Sand Creek) si verificò negli Stati Uniti d'America durante le guerre contro i nativi il 29 novembre 1864, quando alcune truppe della milizia del Colorado, comandate dal colonnello John Chivington, attaccarono un villaggio di Cheyenne e Arapaho, massacrando donne e bambini.
Le indagini: L'attacco fu in primis riportato dalla stampa come una vittoria nei confronti di un coraggioso avversario. Nelle settimane successive una polemica cominciò a diffondersi riguardo alla possibilità che si fosse trattato di un massacro. Diverse inchieste furono condotte: due dai militari ed una dal Comitato di Condotta della Guerra, che sentenziò: « Per quanto riguarda il Colonnello Chivington, questo comitato può difficilmente trovare dei termini adeguati che descrivano la sua condotta. Indossando l'uniforme degli Stati Uniti, che dovrebbe rappresentare un emblema di giustizia e di umanità; occupando l'importante posizione di comandante di un distretto militare, che gli ha concesso l'onore di governare tutto ciò che rientra nei suoi poteri, ha deliberatamente organizzato ed eseguito un folle e vile massacro in cui numerose sono state le vittime della sua crudeltà. Egli conoscendo chiaramente la cordialità del loro carattere, avendo egli stesso in un certo senso tentato di porre le vittime in una condizione di fittizia sicurezza, ha sfruttato l'assenza di alcun tipo di difesa e la loro convinzione di sentirsi sicuri per potere gratificare la peggiore passione che abbia mai attraversato il cuore di un uomo. Qualunque peso tutto questo abbia avuto sul Colonnello Chivington, la verità è che ha sorpreso e assassinato, a sangue freddo, inaspettatamente uomini, donne e bambini, i quali avevano tutte le ragioni per credere di essere sotto la protezione delle autorità statunitensi, e poi ritornando a Denver si è vantato dell'azione coraggiosa che lui e gli uomini sotto il suo comando hanno eseguito.
In conclusione questo comitato è dell'opinione che al fine di vendicare la causa di giustizia e mantenere l'onore della nazione, pronte e rigorose misure debbano essere adottate per rimuovere chiunque avessero così vilipeso il governo presso cui sono impiegati, e di punire, adeguatamente al crimine commesso, coloro che sono colpevoli di questi atti brutali e codardi. ». I dati furono raccolti dal Maggiore Edward Wynkoop e dal suo aiutante, che ripresero i numeri forniti dai sopravvissuti. Questi dati allegati con le conclusioni dell'indagine furono portati a conoscenza dei diversi comitati. Numerosi testimoni si fecero avanti durante le inchieste, presentando testimonianze schiaccianti che furono confermate poi da altri testimoni. Almeno uno di questi testimoni fu ucciso a Denver poche settimane dopo la sua testimonianza. Nonostante le raccomandazioni espresse dal comitato, i responsabili del massacro non furono mai perseguiti.
I retroscena: Verso la fine degli anni cinquanta del XIX secolo, la febbre dell'oro, che aveva preso inizio nelle Montagne Rocciose, a quell'epoca parte del Kansas, aveva attirato una fiumana di colonizzatori in quelle montagne e nei dintorni. Quest'improvvisa ondata migratoria fece nascere degli screzi tra i colonizzatori ed i Cheyenne e gli Arapaho che abitavano quell'area: il tutto sfocerà nella guerra del Colorado del 1864. Il conflitto tra i Nativi, i minatori e le tribù Cheyenne e Arapaho rese estremamente pericolosi i viaggi delle locomotive attraverso i piani orientali del Colorado. Il Governatore del territorio John Evans inviò il colonnello John Chivington per porre un freno agli indiani guidando un piccolo esercito fatto di gente del posto. Dopo alcune scaramucce e dopo aver efficacemente sottomesso gli indiani, molti dei Cheyennes e degli Arapaho furono pronti per la pace e si accamparono vicino al Forte Lyon sui piani orientali. Alcuni capi delle tribù avevano firmato recentemente il trattato di Fort Wise del 1861 con gli Stati Uniti, con cui essi cedevano le loro proprietà agli Stati Uniti e concordarono di spostarsi presso la riserva indiana a sud di Sand Creek in Oklahoma, delimitata da una linea che correva da nord in punto sul confine del Nuovo Messico, quindici miglia a ovest del Fiume Purgatory, estendendosi fino alla Sandy Fork del fiume Arkansas.
Pentola Nera, uno dei capi Cheyenne del sud, e alcuni Arapaho, circa 800 in tutto, si presentarono a Fort Lyon in un disperato sforzo per dichiarare la pace. Dopo aver fatto ciò si stabilirono a Sand Creek, circa 40 miglia a Nord. Rassicurato dalle promesse di pace dei Governatori, il capo mandò molti dei suoi guerrieri a caccia.
Il colonnello J. Chivington
L'attacco: Il colonnello John Chivington e i suoi 800 uomini della Prima Cavalleria Colorado, della Terza Cavalleria Colorado e una compagnia di Primi Volontari del New Mexico marciarono verso i campi per massacrare i Nativi. La mattina del 29 novembre 1864, l'armata attaccò i villaggi e macellò i loro abitanti. In un convegno pubblico fatto a Denver tempo prima, Chivington dichiarò che bisognava uccidere e fare lo scalpo a tutti gli Indiani, perché «le uova di pidocchio fanno i pidocchi», sorte che toccò effettivamente a molti di loro. Nove soldati statunitensi furono uccisi e 38 feriti, mentre tra 150 e 184 Cheyenne furono dichiarati morti (fra questi anche i capi Antilope Bianca, Occhio Solo e Copricapo di Guerra), e la maggior parte delle vittime erano donne, bambini e anziani. Come viene ricordato nei verbali dal tenente James Connor (l'unico dei soldati insieme al capitano Silas Soule e al tenente Joseph Cramer a tentare di opporsi all'attacco), moltissime delle vittime furono orrendamente mutilate.
Dopo questi eventi, molti Nativi raggiunsero i Dog Soldiers, la grande confraternita di guerrieri cheyenne, e massacrarono i residenti attraverso tutta la Platte Valley, uccidendo più di 200 civili. Quest'area è oggi protetta dal National Park Service nel Sand Creek Massacre National Historic Site.
L'impatto dell'avvenimento sulla cultura popolare: A questo episodio storico il folksinger statunitense Peter La Farge, cantore dei nativi degli Stati Uniti d'America, ha dedicato la canzone “The Crimson Parson”. Il Regista Ralph Nelson col film "Soldato blu" del 1970, racconta in maniera lucidamente cruenta e reale alcuni aspetti del massacro. Fabrizio De André incise una canzone ispirata a questo fatto, “Fiume Sand Creek” (dall'Album dell'indiano del 1981, scritta insieme a Massimo Bubola che pure la incise in seguito). Le necessità metriche e la licenza poetica hanno trasformato il più maturo colonnello Chivington, che aveva 43 anni all'epoca del fatto, in un "generale di vent'anni". Emilio Salgari ha fatto molti riferimenti all'accaduto nel suo romanzo "Sulle frontiere del Far-West" e nel seguito "La scotennatrice". Da: http://it.wikipedia.org/wiki/Massacro_di_Sand_Creek 

Nell'album "L'Indiano", sottili, ma non velate, furono le allusioni all'esperienza del sequestro: dalla stessa ripresa della locuzione "Hotel Supramonte", alla descrizione degli improvvisati banditi cui, comunque, non intese negare note di un certo romanticismo ed una connotazione di proletariato periferico che per questo meritava, coerentemente con le sue tematiche privilegiate, una forte attenzione. Al processo, De André confermò il perdono per i suoi carcerieri, ma non per i mandanti perché persone economicamente agiate.

Da "Crêuza de mä" ad "Anime salve": anni ottanta-novanta - Nel 1980 incide il 45 giri "Una storia sbagliata / Titti", i cui brani (editi per la prima volta in CD solo nel 2005), sono entrambi scritti con Bubola. Fabrizio ricorderà in un'intervista a proposito di "Una storia sbagliata":
«Nel testo di "Una storia sbagliata" rievoco la tragica vicenda di Pier Paolo Pasolini. È un canzone su commissione, forse l'unica che mi è stata commissionata. Mi fu chiesta come sigla per due documentari-inchiesta sulle morti di Pasolini e Wilma Montesi.»

Per Fabrizio De André in: "Una storia sbagliata", clicca QUI

Nel 1982 fonda un'etichetta discografica (appoggiandosi alla Dischi Ricordi per la distribuzione): la Fado (Il nome deriva dalle iniziali del suo nome e da quelle di Dori Ghezzi), con cui pubblicherà dischi di Massimo Bubola, dei Tempi Duri e della stessa Ghezzi. Nel 1984 esce "Creuza de mä", disco dedicato alla realtà mediterranea e per questo cantato interamente in lingua genovese, con l'importante collaborazione di Mauro Pagani, curatore delle musiche e degli arrangiamenti. Questo disco segna uno spartiacque nella carriera del cantautore: dopo questo album, Fabrizio esprime la volontà di non cantare più in italiano ma di concentrarsi esclusivamente sul genovese.
Mauro Pagani racconta che un dirigente della Dischi Ricordi li andò a trovare quasi al termine della registrazione dell'album, e si complimentò con Fabrizio per la loro opera in dialetto genovese. A voce bassa sussurrò a Pagani "...un'album in dialetto!", aggiungendo che dubitava che gli incassi del disco avrebbero ripagato i costi di produzione, e sospirò "Beh, a Genova qualche copia la venderemo..."
A partire da "Creuza de mä", De André si concentra in particolar modo sulle minoranze linguistiche (tema che aveva già iniziato ad affrontare con stesura di "Zirichiltaggia", sei anni prima). "Creuza de mä" è oggi considerato di fatto una pietra angolare dell'allora nascente world music, nonché un caposaldo della musica etnica tutta. Ma "Creuza de mä" è anche l'album che libera De André dalle impostazioni vocali ereditate dalla tradizione degli chansonniers francesi, che gli garantisce la libertà di espressione tonale al di fuori di quei dettami stilistici che aveva assorbito da Brassens e da Brel.

La copertina dell'album di Fabrizio
de André: "Creuza de mä" (1984).
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Per l'album di Fabrizio De André: "Crêuza de mä", clicca  QUI
Tracce:
1.Crêuza de mä
2.Jamín-a 
3.Sidún 
4.Sinàn Capudàn Pascià
5. pittima
6. duménega, clicca QUI
7.D'ä mê riva

Per il Video con Fabrizio De André in "Crêuza de mä" 
- Live 1998 clicca QUI                        

"Crêuza de mä", testo in Genovese (Zenéize):           "Mulattiera di Mare", in Italiano: 
Umbre de muri, muri de mainé,                                    Ombre di facce, facce di marinai,
dunde ne vegnì duve l'è ch'ané,                                  da dove venite dov'è che andate,
da 'n scitu duve a lûna a se mustra nûa                       da un posto dove la luna si mostra nuda 
e a neutte a n'à puntou u cutellu ä gua;                       e la notte ci ha puntato il coltello alla gola; 

E a muntä l'àseo gh'é restou Diu,                                E a montare l'asino c'è rimasto Dio,
u Diàu l'é in çë e u s'è gh'è faetu u nìu;                       il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido;
ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria,    usciamo dal mare per asciugare le ossa dell'Andrea,
e a funtana di cumbi 'nta cä de pria.                           alla fontana dei colombi nella casa di pietra.   

E 'nt'a cä de pria chi ghe saià,                                    E nella casa di pietra chi ci sarà,     
int'à cä du Dria che u nu l'è mainà:                             nella casa dell'Andrea che non è marinaio: 
gente de Lûgan, facce da mandillä,                            gente di Lugano, facce da tagliaborse, 
quei che du luassu preferiscian l'ä;                             quelli che del branzino preferiscono l'ala;  
figge de famiggia udù de bun,                                    ragazze di famiglia, odore di buono,
che ti peu ammiàle senza u gundun.                          che puoi ammirare senza metterti il preservativo.

E a 'ste panse veue cose ghe daià                            E a queste pance vuote cosa gli darà, 
cose da beive, cose da mangiä:                                cose da bere, cose da mangiare:
frittûa de pigneu, giancu da Purtufin,                        frittura di pesciolini, bianco di Portofino, 
çervelle de bae 'nt'u meximu vin,                              cervelli di agnello nello stesso vino, 
lasagne da fiddià ai quattru tucchi;                           lasagne da tagliare ai quattro sughi;    
paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi.                  pasticcio in agrodolce di lepre di coppi (topo di tetti?). 

E 'nsci'a barca du vin ghe naveghiemu                    E sulla barca del vino ci navigheremo     
'nsc'i scheuggi,                                                         fin sugli scogli,
emigranti du rìu cu'i cioi 'nt'i euggi,                          emigranti della risata con i chiodi negli occhi, 
finché u matin crescià da puéilu rechéugge,            finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere,  
frè di ganeuffani e dè figge,                                     fratello dei garofani e delle ragazze,     
bacan d'a corda marsa d'aegua e de sä                  padrone della corda marcia d'acqua e di sale
che a ne liga e a ne porta 'nte 'na creuza de mä.    che ci lega e ci porta in una mulattiera di mare.

Una "Creuza de mä", mulattiera di Mare

Nel 2004, ventennale dell'uscita di "Crêuza de mä" , Mauro Pagani decide di rendere un sincero tributo all'amico scomparso cinque anni prima, reincidendo e cantando egli stesso l'album. Alle sette canzoni originarie del disco, Pagani aggiunge "Megu Megun", un brano composto insieme a Fabrizio e inserito nell'album "Le Nuvole" e due pezzi inediti: "Quantas Sabedes", che non fu inserita in "Creuza de' ma'" perché "bruciata" dopo l'inserimento nella colonna sonora di un film ("ammenda fatta", commenta Pagani nei credit dell'album del 2004), e "Nuette", tratto da un frammento di lirica greca mai sviluppato nella sua interezza all'epoca da De André. Nel 1985 scrive insieme a Roberto Ferri il testo di "Faccia di cane" per i "New Trolls", con cui partecipa come autore al Festival di Sanremo 1985, preferendo però non apparire ufficialmente come autore. Nel 1988 collabora con Ivano Fossati, cantando nella canzone "Questi posti davanti al mare" (contenuta nell'album "La pianta del tè") insieme a Francesco De Gregori ed allo stesso Fossati. Inizia poi la lavorazione del suo album successivo, che viene pubblicato all'inizio del 1990: "Le nuvole" (1990) titolo che (come in Aristofane) allude ai potenti che oscurano il sole, vede nuovamente la collaborazione di Mauro Pagani per la scrittura delle musiche (e di Ivano Fossati come coautore di due testi, "Mégu Megún" e "'Â çímma", di Massimo Bubola per il testo di "Don Raffaé" e di Francesco Baccini per quello di "Ottocento"). Con questo album De André torna in parte al suo stile musicale più tipico, affiancandolo alle canzoni in dialetto e all'ispirazione etnica. Torna anche la critica graffiante all'attualità, in particolare ne "La domenica delle salme" e in "Don Raffaè".

La copertina dell'album di Fabrizio
de André: "Le nuvole" (1990).
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Per l'album di Fabrizio De André: "Le Nuvole", clicca QUI
Tracce:
1) Megu Megun (Medico Medicone)
2) A Çimma
3) Le nuvole
4) Ottocento
5) Don Raffaè
6) La domenica delle salme
7) La nova gelosia
8) Monti di mola

                  Per i concerti dal vivo "Le Nuvole" del 1991
                             con 30 tracce, clicca QUI
  
Per il Video con Fabrizio conDe André in:
"Don Raffaè" - Live 1991, clicca QUI

Ivano Fossati sarà presente, inoltre, nella realizzazione del concept album di De André, "Anime salve", pubblicato nel 1996. Incentrato sul tema della solitudine, è l'ultimo album in studio del cantautore.
Fra il 1990 ed il 1996 collabora con vari autori, sia come autore che come cointerprete, nei rispettivi album: tra essi ricordiamo Francesco Baccini ("Genoa Blues", un appassionato brano per la loro città e la loro squadra del cuore), i Tazenda, Mauro Pagani, Max Manfredi, Teresa De Sio, Ricky Gianco, i New Trolls e il figlio Cristiano De André ("Cose che dimentico").
Da segnalare la collaborazione con "Li Troubaires de Coumboscuro" nell'album "A toun souléi", dove De André partecipa all'incisione del brano in provenzale antico "Mis amour", insieme a Clara Arneodo, la cantante solista del gruppo, e a Franco Mussida.
Nel 1996 De André collabora con Alessandro Gennari alla scrittura del libro "Un destino ridicolo", dal quale dodici anni dopo Daniele Costantini ha tratto il film "Amore che vieni, amore che vai".
Il 26 luglio 1997, Fernanda Pivano consegna a Fabrizio De André il "Premio Lunezia", mettendo in imbarazzo il cantante parlando di lui come "il più grande poeta in assoluto degli ultimi cinquant'anni in Italia", "quel dolce menestrello che per primo ci ha fatto le sue proposte di pacifismo, di non violenza, di anticonformismo", aggiungendo che "sempre di più sarebbe necessario che, invece di dire che Fabrizio è il Bob Dylan italiano, si dicesse che Bob Dylan è il Fabrizio americano".
Un tenero abbraccio tra i due suggellò l'evento.

La copertina dell'album di Fabrizio
de André: "Anime salve" (1996).
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Per l'album di Fabrizio De André: "Anime salve", clicca QUI
Tracce: 
1.Prinçesa
2.Khorakhané "A forza di essere vento"
3.Anime salve (con Ivano Fossati)
4.Dolcenera
5.Le acciughe fanno il pallone
6.Disamistade
7. cúmba
8.Ho visto Nina volare
9.Smisurata preghiera 

                       Per i concerti dal vivo "Anime Salve" del 1997
                                                                                                con 32 tracce, clicca QUI

L'ultima polemica - Nell'estate 1998 De André si esibisce in una nuova tournée che tocca varie località italiane. Il 14 agosto 1998, durante un concerto a Roccella Ionica (RC), pronuncia la seguente affermazione suscitando i malumori e le proteste dei tremila spettatori presenti:
«Se nelle regioni meridionali non ci fosse la criminalità organizzata, come mafia, 'ndrangheta e camorra, probabilmente la disoccupazione sarebbe molto più alta. Almeno il dieci per cento in più di quello attuale.»
In seguito al clamore provocato e alle dichiarazioni di protesta e sdegno da parte di vari esponenti sindacali e politici locali e nazionali, De André prima rincara la dose e poi minimizza, cercando di correggere il tiro:
«Col cazzo che esagero. È paradossale doverlo ammettere, ma se non ci fossero le strutture organizzate criminali forse la disoccupazione arriverebbe al 25 per cento.»
«Era una delle mie consuete provocazioni. Volevo dire che paradossalmente la criminalità organizzata diminuisce il tasso di disoccupazione. In realtà accanto alle organizzazioni criminali più vistose metto anche quelle che io chiamo le "spa / ad" cioè Società per Azioni a delinquere, cioè quelle dalle tante attività apparentemente lecite dietro alle quali si muovono affari loschi e sulle quali nessuno si è mai sognato di indagare. Ecco probabilmente senza queste arriveremmo addirittura al cinquanta per cento di disoccupazione. Insomma il sommerso e l'illecito sono da una parte il nostro dramma e dall'altra attenuano in qualche modo il problema della disoccupazione.»
Retrospettivamente, alcuni commentatori hanno voluto benevolmente inquadrare tale discutibile uscita come l'ultimo "scandalo" suscitato da un artista che nel corso della sua carriera aveva spesso sfidato il perbenismo e le "buone maniere" di quella stessa classe borghese di cui faceva parte e che, alla sua morte, lo avrebbe osannato definendolo "Grande Poeta".
Ciò non toglie, è stato obiettato, che l'affermazione debba comunque essere tacciata di estrema pochezza - se non di totale sconsideratezza - posto che le mafie, con il controllo degli appalti e l'imposizione del pizzo alle imprese, costituiscono il freno più aggressivo alla libertà di iniziativa economica nelle regioni meridionali: per definizione, dunque, non solo non possono "dare lavoro", ma risultano anzi essere la causa principale della depressione economica del meridione.

L'addio fra la sua gente - Nell'agosto 1998, durante la summenzionata tournée del suo ultimo album "Anime salve", gli fu diagnosticato un carcinoma polmonare che lo portò a interrompere i concerti.
La notte dell'11 gennaio 1999, alle ore 02:30, Fabrizio De André morì all'Istituto dei tumori di Milano, dove era stato ricoverato con l'aggravarsi della malattia. I suoi funerali si svolsero nella Basilica di Santa Maria Assunta in Carignano a Genova il 13 gennaio: al dolore della famiglia partecipò una folla di oltre diecimila persone, in cui trovarono posto estimatori, amici ed esponenti dello spettacolo, della politica e della cultura. Dopo la cremazione, avvenuta il giorno seguente alla cerimonia funebre, venne sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero di Staglieno accanto al fratello Mauro, al padre Giuseppe e alla madre Luisa Amerio. «Io ho avuto per la prima volta il sospetto che quel funerale, di quel tipo, con quell'emozione, con quella partecipazione di tutti non l'avrei mai avuto e a lui l'avrei detto. Gli avrei detto: «Guarda che ho avuto invidia, per la prima volta, di un funerale» (Paolo Villaggio - La storia siamo noi - 4 gennaio 2007)

De André nella memoria collettiva - «De André non è stato mai di moda. E infatti la moda, effimera per definizione, passa. Le canzoni di Fabrizio restano» (Nicola Piovani).
Gli estimatori di Fabrizio De André ammirano il coraggio morale e la coerenza artistica con cui egli, nella società italiana del dopoguerra, scelse di sottolineare i tratti nobili ed universali degli emarginati, affrancandoli dal "ghetto" degli indesiderabili e mettendo a confronto la loro dolorosa realtà umana con la cattiva coscienza dei loro accusatori. Il cammino di Fabrizio De André ebbe inizio sulla pavimentazione sconnessa ed umida del carruggio di Via del Campo, prolungamento della famosa Via Pré, strada proibita di giorno quanto frequentata la notte. È in quel ghetto di umanità platealmente respinta e segretamente bramata che avrebbero preso corpo le sue ispirazioni; di ghetto in ghetto, dalle prostitute alle minoranze etniche, passando per diseredati, disertori, bombaroli ed un'infinità d'altre figure. Nella sua antologia di vinti, dove l'essenza delle persone conta più delle azioni e del loro passato, De André raggiunse risultati poetici che oggi gli vengono ampiamente riconosciuti. La discografia di De André è ampia, ma non vasta come quella di altri autori del suo tempo; pur tuttavia risulta memorabile per varietà ed intensità. Viene ora riassunta in postume ricostruzioni filologiche, curate dalla moglie e da esperti tecnici del suono che si sono riproposti l'obiettivo di mantenere, nei nuovi supporti, le sonorità dei vecchi LP.
Sino ad ora sono state realizzate due raccolte, entrambe in triplo CD, titolate "In direzione ostinata e contraria" e "In direzione ostinata e contraria 2".
Alcuni fra i maggiori cantanti e cantautori italiani, nel marzo del 2000, hanno ricordato Fabrizio De André con un concerto celebrativo, al teatro Carlo Felice di Genova, interpretando i suoi maggiori successi. Di quel concerto è stato realizzato un doppio cd, dal titolo "Faber", pubblicato nel 2003, i cui proventi sono stati devoluti in beneficenza.
La "Premiata Forneria Marconi" ha eseguito, e tuttora esegue concerti nei quali reinterpreta le canzoni di De André, in cui si ricorda la proficua collaborazione tra il gruppo e il cantautore.
A Genova, in Via del Campo, dove l'intrico di viuzze si fa congestionato come in una Qasba mediorientale, nel negozio di dischi di Gianni Tassio, ora acquisito dal comune di Genova, è esposta la chitarra con la quale, probabilmente, De André ha studiato i testi delle canzoni di "Crêuza de mä". Lo strumento, la "Francisco Esteve" n.097, venne messo all'asta in favore di Emergency dalla famiglia poco tempo dopo la sua morte ed acquistato dai negozianti del capoluogo ligure, dopo una serrata lotta al rialzo con alcuni facoltosi collezionisti: i commercianti genovesi arrivarono a sborsare 168 milioni e 500 mila lire, per aggiudicarsi la chitarra di De André.
A Sarzana in provincia della Spezia è stata dedicata una piazza al cantautore. Il ricavato venne utilizzato da "Emergency" per la costruzione dell'ospedale di Goderich, località alla periferia di Freetown, capitale della Sierra Leone, struttura sanitaria moderna ed unica in tutto il Paese, dove i pazienti vengono curati gratuitamente e dove un reparto si chiama, appunto, "Via del Campo".
Ora il negozio di via del Campo, nei luoghi dove il cantautore avrebbe voluto trascorrere i suoi ultimi anni, si è trasformato in una sorta di museo, e chi vi passa davanti può ascoltare sommessamente le note delle sue canzoni; inoltre, vi si trovano esposte in vetrina le copertine originali di tutti i suoi dischi, ma da febbraio 2011 il negozio è chiuso. Su iniziativa della moglie Dori Ghezzi e di Fernanda Pivano è nata la "Fondazione Fabrizio De André Onlus" che si occupa di mantenere viva la memoria del cantautore. Molte sono le iniziative promosse, moltissimi i gesti di stima e di amore che tutta Italia porge ogni anno alla memoria di Fabrizio. 
In suo ricordo è stato istituito il "Premio Fabrizio De André".

Per il Video della trasmissione di Rai 2 "Palcoscenico" con
parti del concerto al teatro Brancaccio di Roma nel 1998
e alcune interviste, clicca QUI

Nel Concerto al Teatro Brancaccio di Roma nel 1998, Fabrizio ha eseguito: Crêuza de mä, Jamin-a, Sidun, Princesa, Khorakhanè, Anime salve, Dolcenera, Le acciughe fanno il pallone, Disamistade, A cumba, Ho visto Nina volare, Smisurata preghiera, Nel bene e nel male (cantata da Cristiano De André), Invincibili, L'infanzia di Maria, Il ritorno di Giuseppe, il Sogno di Maria, Tre madri, Il Testamento di Tito, La città vecchia, Bocca di rosa, Amico fragile, Fiume Sand Creek, Il pescatore, Via del campo, Geordie, Volta la carta. 

Per la raccolta di Video del concerto al teatro Brancaccio di Roma nel 1998
con 33 tracce, clicca QUI

Fabrizio De André e la fede - Nel concept album "La buona novella" (1970), De André ci fornisce la massima espressione della sua visione religiosa, effettuando una chiara umanizzazione del divino. Nel concerto al teatro Brancaccio di Roma nel 1998 De André fece le seguenti dichiarazioni in merito:
«Quando scrissi la Buona Novella era il 1969. Si era quindi, in piena lotta studentesca e le persone meno attente consideravano quel disco come anacronistico [...] E non avevano capito che la Buona Novella voleva essere un'allegoria: un paragone fra le istanze della rivolta del '68 e le istanze, spiritualmente più elevate ma simili da un punto di vista etico-sociale, innalzate da un signore, ben millenovecentosessantanove anni prima, contro gli abusi del potere, contro i soprusi della autorità, in nome di un egualitarismo e di una fratellanza universale. Quel signore si chiamava Gesù di Nazareth. E secondo me è stato, ed è rimasto, il più grande rivoluzionario di tutti i tempi. Quando ho scritto l'album non ho voluto inoltrarmi in strade per me difficilmente percorribili, come la metafisica o addirittura la teologia. Poi ho pensato che se Dio non esistesse bisognerebbe inventarselo, il che è esattamente quello che ha fatto l'uomo da quando ha messo piede sulla terra». «Probabilmente ne "La buona novella" i personaggi del Vangelo perdono un po' di sacralizzazione; ma io credo e spero soprattutto a vantaggio di una loro migliore e maggiore umanizzazione»
L'atteggiamento tenuto da De André nei confronti dell'uso politico della religione e delle gerarchie ecclesiastiche è spesso sarcastico e fortemente critico nel contestarne i comportamenti contraddittori, come, ad esempio, nelle canzoni "Un blasfemo", "Il testamento di Tito", "La ballata del Miché" e gli ultimi versi di "Bocca di rosa". «Io mi ritengo religioso e la mia religiosità consiste nel sentirmi parte di un tutto, anello di una catena che comprende tutto il creato e quindi nel rispettare tutti gli elementi, piante e minerali compresi, perché, secondo me, l'equilibrio è dato proprio dal benessere diffuso in ciò che ci circonda. La mia religiosità non arriva a ricercare il principio, che tu voglia chiamarlo creatore, regolatore o caos non fa differenza. Però penso che tutto quello che abbiamo intorno abbia una sua logica e questo è un pensiero al quale mi rivolgo quando sono in difficoltà, magari dandogli i nomi che ho imparato da bambino, forse perché mi manca la fantasia per cercarne altri». Dopo il rapimento, la visione religiosa di De André ebbe una nuova evoluzione:
«Durante il rapimento mi aiutò la fede negli uomini, proprio dove latitava la fede in Dio. Ho sempre detto che Dio è un'invenzione dell'uomo, qualcosa di utilitaristico, una toppa sulla nostra fragilità... Ma, tuttavia, col sequestro qualcosa si è smosso. Non che abbia cambiato idea ma è certo che bestemmiare oggi come minimo mi imbarazza.»

Paternità delle canzoni - Lungo tutta la propria carriera De André ha collaborato, sia per la parte musicale che per la parte testuale, con altri artisti: le canzoni di cui De André è l'unico autore sia del testo che della musica sono infatti otto. Complessivamente però i brani in cui figura contemporaneamente autore, non necessariamente unico, sia del testo che della musica sono 87. Ci sono inoltre alcuni casi particolari come La canzone dell'amore perduto, in cui la musica è tratta da un brano del XVII secolo di Georg Philipp Telemann, o La guerra di Piero e Si chiamava Gesù alla cui composizione ha lavorato anche Vittorio Centanaro, collaboratore di De André non iscritto alla SIAE (si veda l'intervista allo stesso Centanaro realizzata da Franco Zanetti e Claudio Sassi e riportata nel loro volume "Fabrizio De André in concerto", 2008, Giunti Editore), o ancora "Il fannullone" e "Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers", con il testo scritto da Paolo Villaggio, che però non ha firmato il deposito SIAE, o ancora "Geordie", depositata in SIAE da De André a suo nome, pur essendo questo un brano tradizionale. Così ha dichiarato Francesco De Gregori intervistato da Roberto Cotroneo: «Fabrizio è stato un grande organizzatore del lavoro altrui, perché le cose che realmente ha inventato, che ha scritto, sono percentualmente molto poche rispetto a quelle che lui ha preso, o firmandole o senza firmarle.». Nel complesso, De André è autore o coautore di tutte le canzoni originali da lui incise, con due sole eccezioni: "Le storie di ieri", scritta da Francesco De Gregori (che pure la incise quasi contemporaneamente a De André); "E fu la notte" con testo di Franco Franchi e musica di Carlo Cesare Stanisci e Arrigo Amades.

Discografia:
1967 - Volume I
1968 - Tutti morimmo a stento
1968 - Volume III
1970 - La buona novella
1971 - Non al denaro, non all'amore né al cielo
1973 - Storia di un impiegato
1974 - Canzoni
1975 - Volume 8
1978 - Rimini
1981 - Fabrizio De André
1984 - Crêuza de mä
1990 - Le nuvole
1996 - Anime salve
Alcune parti sono state tratte da: http://it.wikipedia.org/wiki/Fabrizio_De_Andr%C3%A9


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